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giovedì 23 dicembre 2010

mito di Parsifal 10 - Natale al maschile


Questa intra-lettura dei due miti di Psiche e Parsifal, è cominciata a caso, e mi stupisco, stasera, nel vedere quanto essa diventi sincrona con i tempi che le scorrono accanto.........il dolore del concepimento..la spada e il calice.....


Qui si addice il mio silenzio....





Continuiamo la nostra storia.

Parsifal ha viaggiato tutto il giorno nella sua ricerca eroi­ca e, al calar della notte, chiede a qualcuno se vi sia una locanda o una taverna nei pressi, nella quale passare la not­te.

Viene informato che non vi sono abitazioni nel raggio di trenta miglia. Un po' più tardi, Parsifal incontra un uo­mo che sta pescando nella sua barca e gli chiede se conosca un luogo in cui pernottare.
Il pescatore, che è il Re Pesca­tore, lo invita nella propria umile dimora: «Prosegui ancora un po' per questa strada, quindi gira a sinistra e attraversa il ponte levatoio».
Parsifal esegue e il ponte levatoio si chiu­de proprio mentre sta passando e sfiora la coda del suo ca­vallo.
Entrare nel castello del Graal è molto pericoloso, perché è la casa del Re Pescatore e molti giovani hanno perso il loro cavallo nella transizione tra il mondo comune e il mondo immaginario, simbolico, del castello del Graal.

(che giorno è oggi? 23 dicembre....)

Parsifal si ritrova nel vestibolo di un grande castello dove quattro giovani gli prendono il cavallo, lo lavano, gli dan­no indumenti puliti e lo conducono di fronte al signore del castello, il Re Pescatore.
Il Re accoglie Parsifal scusandosi perché, a causa della ferita, non è in grado di alzarsi dal suo giaciglio.
L'intera corte, quattrocento dame e cavalie­ri, è nel salone per ricevere Parsifal e celebrare una splen­dida cerimonia.
Da un contesto di tale magnificenza, si capisce che Par­sifal è capitato nel mondo interiore, nel luogo dello spirito e della trasformazione.
In modo particolare, l'evidenza con­ferita al numero quattro (quattrocento dame e cavalieri, quattro giovani, quattro facce sul grande camino che indi­cano i quattro punti cardinali) fa intuire lo splendore del mondo interiore: siamo davvero nel castello del Graal, do­ve viene conservato il Sacro Graal dell'Ultima Cena.
Una grande cerimonia si svolge. Mentre il Re Pescatore geme di dolore nel suo giaciglio, una damigella porta la lan­cia che ha trafitto il costato di Cristo, un'altra dama porta la patena nella quale fu servita l'Ultima Cena e, alla fine, una terza damigella porta il Sacro Graal1.

Viene servito un grande banchetto e ciascuno riceve quello che desidera dal Graal o dalla patena prima ancora di aver formulato il desiderio.

Ciascuno, ma non il Re Pe­scatore. A causa della ferita, lui non può bere dal Graal e la sua sofferenza è resa ancora peggiore proprio da questa de­privazione.

La nipote del Re Pescatore porta una spada che il re as­sicura al fianco di Parsifal: egli dovrà tenerla con sé per tut­ta la vita.
E a questo punto che un giovane uomo si guada­gna la mascolinità e la forza insita in essa per portare a ter­mine i compiti che gli rimangono nella vita.

C'è un altro dono disponibile al castello del Graal, ma Parsifal non supera la prova necessaria per ottenerlo.



Gournamond aveva informato Parsifal che, una volta trovato il Graal, avrebbe dovuto fare una specifica domanda:

 «Chi serve il Graal?»

Se questa domanda viene posta, la grande cornucopia della vita, il Graal, elargirà tutte le sue benedi­zioni.
Se la questione non viene posta, sarà sì possibile bere dal Graal, ma questi non lascerà scorrere tutta la sua im­mensa generosità.

Mentre Gournamond aveva istruito Par­sifal perché ponesse la domanda, la madre, d'altro canto, al momento di salutare il figlio gli aveva detto di non fare do­mande: consiglio saggio per un giovane querulo, ma quasi fatale in questa situazione.

Il consiglio della madre ha il so­pravvento e Parsifal se ne sta muto di fronte allo splendore del castello del Graal.

 E' comprensibile che un ragazzo di campagna di sedici anni non trovi la forza o il coraggio di porre la domanda più importante della vita in un mo­mento simile: per chiedere, egli dovrebbe essere cosciente.

E come se non bastasse, e con un significato più profon­do, correva una leggenda al castello del Graal: che un gior­no un Folle Innocente si sarebbe avventurato nel castello, avrebbe fatto la domanda sul Graal e, in questo modo, avrebbe guarito la ferita del Re Pescatore.

Tutti al castel­lo, tranne Parsifal, conoscono la leggenda e osservano con attenzione se Parsifal, che possiede tutti gli attributi di un Folle Innocente, porrà la domanda risanatrice.

Ma Parsifal non chiede ed il Re Pescatore, che geme e si contorce per il dolore, viene ben presto riportato nella sua stanza.

Le dame e i cavalieri si disperdono e Parsifal viene scortato nella sua camera da letto dai quattro giovani.

Il mattino successivo Parsifal, al risveglio, si ritrova da solo.

Sella il suo cavallo e attraversa il ponte levatoio, che si richiude di colpo appena Parsifal è passato (ancora un passaggio pericoloso) e torna nel mondo comune.

Non ci sono castelli intorno e il Folle Innocente è ancora nel regno dove non ci sono abitazioni nel raggio di trenta miglia.

infinito piacere di esistere in questi giorni che verranno amici miei........



1 commento:

  1. Fare la domanda giusta al momento giusto é lasciare andare una mano che stringe forte la mia, senza chiedermi chi stringa e chi sia stretto (c’è differenza, poi?) , avendo il coraggio di non trattenerla dentro al cuore, né la domanda, né la mano. La domanda che guarisce il Re Pescatore dalla sua ferita e che lo rende Uomo o/e Donna è la chiave per entrare nella co-creazione e abbandonare la robotica figura (figura nel senso latino di “maschera”) di suddito passivo della propria esistenza separata. Fare la domanda è essere consapevoli che la parola crea: se la si sbaglia, si da’ vita ad una energia sbagliata. Qualche volta è meglio tacere, allora?

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