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lunedì 13 dicembre 2010



Abbiamo lasciato Parsifal alle prese con Blanche Fleur e la sua brama di Musa e qui c’è da aprire un capitolo importante su una condizione (maschile e femminile) che oggi sta prendendo molto piede, soprattutto negli uomini.
Farò pochi commenti in merito, ma uno credo sia necessario ed importante: l’uomo attuale NON si fida più della donna. E questo è da intendersi anche nel senso che la parte maschile di una donna non si fida più della sua parte femminile.
Ciò è molto grave. Il divario tra sentimento ed umore è divenuto insostenibile…
Leggete tutto considerando il termine “uomo” intercambiabile con donna.

Castità

La raccomandazione di Gournamond (di non sedurre mai una fanciulla e di non lasciarsene mai sedurre) ha un'im­portanza così fondamentale nel contesto della nostra sto­ria da meritare un capitolo a sé.

E’ importante ricordare che stiamo studiando un mito allo stesso modo in cui studieremmo un sogno e che, quindi, applichiamo al mito le stesse leggi del sogno. Il sogno ri­guarda quasi sempre il materiale interiore e ogni parte del sogno deve essere vista come parte del sognatore. Per esem­pio, se un uomo sogna una ragazza, è quasi certo che questa simbolizza la sua possibilità femminile interiore. E troppo facile prendere alla lettera una tale figura onirica e riferirla all'interesse sessuale del sognatore o alla sua attuale fidan­zata. Se facciamo questo errore, perdiamo di vista il signi­ficato profondo del sogno.

Questo vale anche per il mito: se prendessimo alla lettera la raccomandazione di Gournamond, quella che ci trove­remmo di fronte non sarebbe che una vaga caricatura della cavalleria medioevale.
Che cos'è il femminile interiore dal quale Parsifal deve mantenersi distante? E tutta la dolcezza della femminilità, che ha un valore immenso se presa nel senso interiore ma che guasterebbe il nostro eroe se egli la fraintendesse e la vivesse in senso esteriore. (zoom…non si fa che parlare di “parte femminile” almeno da una 30ina d’anni..ma ho il fondato sospetto che questo non abbia fatto altro che farla rintanare ancora di più, mettendo invece in evidenza proprio la parte esterna e superfiale della questione)

Il sentimento è la capacità di attribuire un valore; l'umore, il capriccio, è l'essere sopraffatti o posseduti dal femminile interiore.
Sentire è l'arte sublime di avere una struttura di valori e un senso di significato: a che cosa apparteniamo, a che cosa siamo fedeli, dove sono le nostre radici. (essere coscienti di essere parte di un tutto e conoscerne la nostra funzione)

Essere umorali, capricciosi (e siamo già in difficoltà, poiché non esiste un termine adeguato che riassuma l'espressione 'esse­re preda di uno stato d'animo'), significa essere sopraffatti da un elemento irrazionale che semina distruzione nella vi­ta esterna dell'uomo. Il lato femminile della personalità collega l'uomo con le profondità del suo essere interiore e funge da ponte verso il Sé più profondo. (ora cosa accade oggi a tutte quelle ragazze che non vogliono relazioni perché…devono finire l’università, fare un progetto importante,…ecc..ecc..?)

Spesso l'uomo deve scegliere tra capriccio e sentimento, poiché se uno dei due lo impegna, per l'altro non c'è posto. Il capriccio impedisce il vero sentimento, nonostante un certo umore, un certo capriccio, possa apparire come un sentimento. Quando un uomo si lascia prendere da un cer­to umore, si priva automaticamente della capacità di pro­vare un vero sentimento e, di conseguenza, di stabilire del­le relazioni e di essere creativo.
Per usare il linguaggio an­tico, ha sedotto o si è fatto sedurre dal proprio femminile interiore. Non è legittimo che un uomo indossi il femmini­le all'esterno. L'uomo sopraffatto dai propri umori è come una meridiana alla luce della luna che segna il tempo sba­gliato. Il suo femminile interiore funge da 'musa ispiratrice' quando è messo al posto giusto, ma non gli è utile quando lo indossa come un capo di abbigliamento esterno e lo usa per mettersi in relazione con il mondo esterno. Il termine 'usare' è corretto in questo caso: ogni cosa e ogni persona si sente 'usata' quando l'uomo si mette in relazione con il mondo attraverso i suoi umori del momento.
Ecco la sedu­zione! Il sentimento, al contrario, costituisce una delle doti sublimi di un uomo e porta calore, dolcezza, relazione e per­cezione.
Spesso proiettiamo la relazione con il nostro femminile interiore, o la mancanza di relazione, su una donna esterna, reale. La donna umana è di per sé un miracolo, una bellezza che si offuscherà se cercheremo di imporle le leggi della no­stra donna interiore. Allo stesso modo, la donna interiore si rannuvola se la trattiamo con modalità esteriori3.
L'uomo ha soltanto due alternative per mettersi in rela­zione con la sua donna interiore: o la rifiuta, e lei gli si ri­volterà contro sotto forma di cattivi umori e seduzioni in­sidiose (Afrodite impèra!) , oppure l'accetta, e troverà dentro di sé una compa­gna che procede con lui nella vita e gli fornisce calore e forza. Se un uomo si lascia sedurre da un certo umore, cioè se malinterpreta la sua donna interiore vedendola come un qualche cosa che sta fuori, perde la sua capacità di relazio­ne; e questo è vero sia che si tratti di un buon umore, sia che si tratti di un cattivo umore.
Nell'uomo, la creatività è direttamente legata alla sua ca­pacità femminile di crescita e creazione.
La genialità, nel­l'uomo, sta nella sua capacità femminile interiore di gene­rare, dopo di che, sarà la sua parte maschile a fornirgli gli strumenti per dare a quella creatività forma e struttura e portarla nel mondo esterno.
Wolfgang Goethe, nel suo capolavoro, Faust, giunse alla nobile conclusione, negli anni tardi della vita, che la sfera di azione dell'uomo è quella di servire la donna.
Termina il Faust dicendo: «L'Eterno Femminino ci spinge oltre», cer­tamente riferendosi alla donna interiore. (Psiche)

La donna attenta sa quando l'uomo della sua vita soc­combe a un capriccio, perché ogni relazione in quel mo­mento ha fine.


Persino un 'buon umore' costa una relazio­ne. Tutta la capacità di relazionare, l'oggettività e la crea­tività hanno termine quando l'umore prende il controllo. Per usare il linguaggio degli induisti, servire la dea Maya (l'equivalente degli stati umorali della nostra Anima) chie­de il prezzo della realtà e la sostituisce con un'irrealtà chi­merica. Spesso il mito, nel suo linguaggio senza tempo, en­fatizza la situazione che descrive. Per fortuna, la possibilità della visione del Graal non è perduta per sempre. Ma fino a quando il capriccio ha il sopravvento, non c'è Graal: il ca­priccio imprime il proprio carattere nel mondo oggettivo e ogni visione oggettiva del vero splendore del mondo viene perduta. Si vende letteralmente il proprio diritto di primo­genitura per un pianto di illusioni.
La peggiore caratteristica della possessione da parte di un umore, di un capriccio, sta nella perdita, nella deprivazio­ne, di ogni significato.
Improvvisamente il 'di fuori' domi­na Impropria vita interiore e il senso interiore della vita va perduto. Ci si trova quindi in balìa del 'di fuori' per quanto riguarda il senso del nostro valore o la nostra felicità. Siamo tanto attaccati a un nuovo acquisto o all'ottenimento del favore di qualcuno che il nostro significato interiore ci sfugge, quando, invece, questo significato interiore è l'uni­co valore stabile che abbiamo. La possessione da parte di un umore ci deruba anche del mondo oggettivo e della sua vera bellezza e magnificenza, che è di per sé un signifi­cato profondo.
Depressione e inflazione

Depressione e inflazione sono parole che definiscono uno stato d'animo, un umore. Entrambe ci danno l'impressione di essere sopraffatti da un qualche cosa che non è il nostro vero Sé. Questo è la debolezza e l'incompetenza dell'uomo.
Gli umori ci orientano verso le persone o le cose esterne per trovare il senso del nostro valore e del nostro significa­to.
Qual è il garage occidentale che non sia strapieno di co­se che un uomo ha comperato nella speranza che gli avreb­bero portato un qualche senso, soltanto per essere poi scar­tate nel momento in cui non gli hanno fornito quello che aveva desiderato? Le cose materiali sono senz'altro valide e portatrici di valore quando ci mettiamo in relazione con loro in maniera adeguata; ma quando gli chiediamo di por­tarci un valore interiore, esse falliscono miseramente. L'u­nica eccezione a questa legge si ha quando un oggetto fisico porta un valore interiore che è significativo perché simbo- lieo o perché fa parte di un rituale. Il regalo di un amico può simbolizzare il grande valore che due persone attribui­scono alla loro amicizia se viene coscientemente investito di questo valore, ma costituirà un fallimento e andrà ad ag­giungersi alla collezione del garage se l'aspettativa è che si faccia portatore di quel valore in un contesto che non sia simbolico o rituale.
Nessuna cosa è di per sé buona o cattiva. Un uomo può armarsi della propria attrezzatura da pesca e passare, pe­scando, un sabato meraviglioso e rilassante. Il sabato suc­cessivo può avere un 'brutto attacco d'Anima', e ritornare dalla pesca di pessimo umore. E il livello di coscienza che determina la differenza tra queste due esperienze. 11 valore esterno e quello interiore sono entrambi profondamente reali; è soltanto quando si mescolano o si contaminano l'u­no con l'altro che possono causare dei problemi.
L'uomo non è padrone della propria casa interiore quan­do soggiace all'influenza di un certo umore: un usurpatore si è installato in lui e la risposta dell'uomo è quella di lot­tare contro l'usurpatore. Sfortunatamente, spesso sceglie di combattere questa battaglia al livello sbagliato; in altre pa­role, litigherà con la moglie o con l'ambiente circostante invece di affrontare la lotta all'interno, il che costituirebbe l'azione adeguata. La mitologia descrive la battaglia dell'E­roe con il suo Sé interiore come lotta con il drago, e l'uomo moderno è chiamato a combattere un numero di lotte con il drago non inferiore a quante ne combatteva la sua con­troparte medioevale. Potete aggiornare la mitologia e ren­derla drammaticamente viva se riuscite a trovare la fase moderna in cui le lotte con il drago, le damigelle e i cava­lieri rossi metteranno in scena fino in fondo il loro dram­ma.
Gli umori 'buoni' non sono meno pericolosi di quelli 'cat­tivi'. Aspettarsi la felicità dal proprio ambiente significa esercitare l'arte oscura della seduzione della propria fanciul­la interiore. Questo offusca il Graal tanto quanto il farsi sedurre dalla fanciulla, benché sia meno ovvio.
E importante sottolineare una differenziazione che è faci­le perdere di vista: quell'umore esuberante, effervescente, per metà fuori dal controllo, che fa sentire padroni del mondo, tanto apprezzato dagli uomini, è comunque una possessione ed è tanto pericoloso quanto il cattivo umo­re. Quando è di cattivo umore, l'uomo ha sedotto la sua Anima e la serra alla gola dicendole: «Devi farmi felice, altrimenti...» Questo significa trascinarla nel mondo infe­riore delle richieste di felicità dell'Io o nella propria inces­sante ricerca di intrattenimento.
Anche essere prigionieri di un umore esuberante significa essere sedotti dalla donna interiore. Essa sospinge l'uomo alle altitudini vertiginose dell'inflazione e gli fornisce uno straordinario facsimile di quella felicità che lui legittima­mente vuole. Una tale seduzione esigerà un alto prezzo in seguito, sotto la forma di una depressione che riporterà l'uomo sulla terra. Il destino dedica molto tempo a portare un uomo in alto a partire dalla depressione o in basso a par­tire dall'inflazione. Gli antichi Cinesi chiamavano tao, la via di mezzo, questo livello terreno, che è quello in cui esi­ste il Graal e in cui una felicità degna di questo nome può essere raggiunta. Non si tratta di un grigio luogo medio o di uno spazio di compromesso, ma del luogo della felicità, del colore, del significato veri. Non è niente di meno che la Realtà, o la vera casa.
Una forma di seduzione consiste nell'estorcere in antici­po il piacere da un'esperienza. Conosco due ragazzi che pia­nificavano una vacanza in campeggio. Per giorni e giorni prima di partire programmarono quanto bello sarebbe sta­to. Presi dal loro stato d'animo, vedevano nei pezzi della loro attrezzatura da campeggio dei Sacri Graal davanti ai quali si entusiasmavano, per esempio sull'efficienza di un determinato pezzo di corda o su quanto fosse affilato un col­tello. Stavano mungendo con molto anticipo la felicità dalla loro esperienza. In seguito scoprii che, alla prima tap­pa, si erano guardati in giro annoiati per mezza giornata, senza riuscire a immaginare qualche cosa da fare e quindi avevano preso l'auto ed erano tornati a casa: non c'era nul­la di interessante al campeggio! Avevano estratto in anti­cipo la vita dall'esperienza.
Il moderno uomo occidentale ha una serie di concetti erronei sulla natura della felicità. In inglese felicità si dice happiness e l'origine del termine sta nel verbo to happen, ac­cadere, il che implica che la felicità sta in ciò che accade. Le persone semplici che vivono in parti del mondo meno complicate della nostra funzionano in questo modo ed esi­biscono una felicità e una tranquillità che ci stupiscono. Come può un contadino indiano con così poco per essere felice essere così felice? O come può un peone messicano, anch'egli con così poco per cui essere felice, essere così spensierato come appare? Queste persone conoscono l'arte della felicità, cioè l'essere contenti di ciò che è. La loro fe­licità sta in ciò che accade. Se non riusciamo a essere felici al pensiero del pranzo, ci sono poche probabilità che sare­mo felici al pensiero di qualunque altra cosa.
Un saggio indù insegnava che la forma più alta dell'ado­razione consiste nell'essere semplicemente felici, natural­mente in senso profondo, non in senso umorale.
Thomas Merton, monaco trappista, una volta disse che un monaco può spesso essere felice pur non divertendosi mai: ecco un altro modo per differenziare la vera felicità da uno stato dell'umore.
Per molti anni della mia vita ho pensato che un certo stato d'animo 'capitava', proprio come capita un raffreddo­re. Ma piano piano ho imparato che gli umori sono i pro­dotti di uno stato di incoscienza intenzionale e possono es­sere rettificati da quella stessa coscienza che uno si è dato tanta pena di evadere. Un certo umore può essere contra­stato dall'entusiasmo. 'Entusiasmo' è una delle parole più belle del nostro vocabolario. 

Significa 'essere pieni di Dio', eri'theo-ism. È gratificante, ed è un'esperienza di valo­re, toccare l'entusiasmo mentre, all'estremità opposta della scala, è doloroso essere posseduti da un umore. Quando ri­diamo, compiamo un atto divino se siamo pieni della gioia di Dio; ma compiamo un atto blasfemo se ci lasciamo spaz­zare via da uno stato d'animo. La felicità è uno stato piena­mente legittimo; lo stato umorale, il capriccio, invita la de­pressione conseguente.

La donna affronta una sfida delicata quando il suo uomo cade vittima di un umore. Se fa emergere ciò che in lei è l'analogo del capriccio dell'uomo e comincia a punzec­chiarlo, mette in moto uno scambio estremamente negati­vo. Eppure, un'alzata d'ingegno le è possibile in questa si­tuazione: se riesce a essere più femminile dell'umore del­l'uomo, se reagisce a partire dalla sua femminilità più profonda (in contrasto con la femminilità fuori posto di lui), offre all'uomo un punto di vantaggio di realtà a parti­re dal quale lui può cominciare a uscire dal suo cattivo umore. La donna è molto tentata dalla punzecchiatura, dal sarcasmo, ma la sua femminilità naturale non è mai più creativa di quando essa può costituire un'àncora per un uomo preda del vorticare del suo femminile interiore.
Bisogna che il femminile della donna sia cosciente e ben sviluppato, come risultato delle molte lotte con il drago che anche lei deve combattere per salvaguardare il proprio regno femminile interiore.
La donna deve anche sapere che l'uomo ha molto meno controllo e molta meno consapevolezza sulle cose del fem­minile rispetto a lei. Molte donne presumono che l'uomo sia capace quanto loro di controllare il sempre cangiante gioco di luce e buio, di angelo e strega, presenti nell'ele­mento femminile. Nessun uomo è capace del medesimo ti­po di controllo che sa esercitare la donna e se la donna ca­pisce questo può essere paziente e comprensiva mentre l'uomo arranca anni luce dietro di lei nella propria com­prensione femminile. In altre condizioni della vita, si veri­fica l'inverno.

Nel nostro mito, Parsifal e Blanche Fleur ci forniscono un perfetto esempio della corretta relazione tra l'uomo e la sua donna interiore. Sono vicini l'uno all'altra; ciascuno riscalda l'altro e rende la vita significativa per l'altro: ma non c'è seduzione. Si tratta di una definizione sublime del­la relazione tra l'uomo e la donna interiore, ma se fosse pre­sa come esempio della relazione tra l'uomo e la donna in carne e ossa diventerebbe una ridicola storia da boy'Seout. Questa confusione dei livelli porta distruzione tra coloro che seguono le istruzioni medioevali sui modi-del-cavalie- re. Le relazioni interiori rispondono a inesorabili leggi di condotta; le relazioni esterne rispondono a loro proprie leg­gi, egualmente esplicite. Non mescoliamole.

Mi chiedo….quali saranno i nuovi Uomini e le nuove Donne? Chiedetevelo anche voi….

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