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martedì 22 febbraio 2011

Mito di Parsifal 15 - CHI serve il Graal?


Anche con Parsifal siamo arrivati alla fine.
La maturità che dovrebbe essere prerogativa umana, è finalmente arrivata. E noi siamo maturi? Lascerò che questa prima parte del mito vi risuoni dentro senza commenti, se non questo cappello. Quanto siamo res-ponsabili di ciò che sta accadendo?

Parsifal passa molti anni (la maggior parte delle leggende dice venti) nelle sue avventure cavalleresche.

In lui si in­sinua un'amarezza sempre maggiore; è sempre più disillu­so; si allontana sempre di più dalla sua amata Bianche Fleur; dimentica perché brandisce la spada nel suo viaggio cavalleresco. Procede con sempre minor capacità di capire, con sempre minor gioia.

Questi sono gli anni sterili della mezza età dell'uomo, che sa sempre meno perché sta facendo ciò che fa e tende a dare una risposta evasiva quando viene interrogato sul senso della sua vita.

Parsifal incontra un gruppo di pellegrini cenciosi che va­gano lungo la strada. Gli dicono: «Come mai cavalchi in piena armatura oggi, giorno della morte di nostro Signo­re? Non sai che è il venerdì santo? Vieni con noi dall'ere­mita della foresta, confessa i tuoi peccati e chiedi l'assolu­zione per prepararti alla Pasqua».

Improvvisamente Parsifal si risveglia dalle proprie oscure fantasticherie e, più per inerzia che per ispirazione, si unisce ai pellegrini.

L'eremita è quella parte fortemente introversa della nostra natura che ha aspettato e accumulato energia in un angolo remoto nell'attesa di questo momento.
Di solito, nella pri­ma parte della vita domina giustamente l'estroversione. Ma quando l'estroversione ha fatto il suo corso e ha condotto una persona lungo la prima, importante, metà della vita, allora bisogna consultare l'eremita che c'è nel profondo sul­la prossima mossa.

Nella nostra cultura facciamo questo molto male; poche persone sanno come estrarre l'ingegno dalla loro natura introversa per il passo successivo.


Succe­de spesso che una persona del nostro tempo sia costretta a entrare nella propria introversione da una malattia, da un incidente o da un qualche altro sintomo paralizzante. L'ere­mita è una figura nobile e vi farà del bene se riuscirete ad accostarvi a lui con onore e dignità.
Non c'è molta dignità nel farsi trascinare in questo regno da un incidente o da una malattia; ma in un modo o nell'altro dovrete entrarvi a un certo punto, a metà circa della vostra vita, dignità o non dignità.
Per rendere giustizia all'eremita, dovremo parlare almeno brevemente di coloro la cui natura introversa è tanto forte da costituire il tratto dominante della loro personalità.
Que­ste poche persone, nate eremite (anime fortemente intro­verse), devono rimanere nella foresta (simbolicamente par­lando) in solitudine, accumulando energia così da poter ser­vire il genere umano nel momento in cui la loro qualità diventa cruciale e del più alto valore.
Ci sono poche vitto­rie sul Cavaliere Rosso per queste persone, che poco sanno delle foglie di alloro della vittoria. Le persone di questo tipo ricevono molto poco incoraggiamento e molto poco rinfor­zo ai giorni nostri e spesso conducono una vita solitaria.
Ma viene il momento in cui il loro genio diventa assolutamente necessario per compiere una transizione verso un altro sta­dio della vita, la loro o quella di qualcuno del loro ambien­te.
Il solo fatto di essere consapevoli di questa legittimità rappresenta per loro una salvaguardia. Siate benevoli con il vostro eremita interiore o con la persona nata eremita nel­la vostra cerchia di amici.
Se vostro figlio è un eremita nato, non spingetelo verso lotte con il Cavaliere Rosso ma lascia­te che trovi la propria strada verso la foresta.
Dall'eremita, Parsifal vive un'esperienza molto simile a quella che ha già vissuto con la Fanciulla Orgogliosa.

Pri­ma che possa profferire parola, l'eremita, grazie alla sua chiaroveggenza, gli elenca la lunga lista delle sue colpe e dei suoi fallimenti. Ancora una volta, la colpa peggiore è quella di non avere posto la domanda risanatrice al castel­lo del Graal.

Ben presto l'eremita si addolcisce e conduce Parsifal sulla strada dicendogli che, dopo un breve tratto, dovrà girare a sinistra e attraversare il ponte levatoio.
Il castello del Graal è sempre alla stessa distanza, ma è nell'adolescenza o a metà della vita che, di solito, più facilmente apre le sue porte.



A questo punto, il grande poema francese di Crétien fi­nisce! Si dice che l'autore sia stato colto dalla morte; si ipo­tizza anche che parte del manoscritto sia andata perduta.

Io credo che l'ipotesi più plausibile sia che l'autore si sia fer­mato perché non aveva nient'altro da aggiungere.
La gran­de storia dell'inconscio collettivo, a quell'epoca, era arriva­ta a questo punto della sua evoluzione e l'autore ha avuto l'umiltà di deporre la penna quando non aveva altro da di­re.

Penso che il mito, in senso collettivo, sia avanzato di poco da allora ai giorni nostri; è una storia che si svolge dentro di noi, che non è finita, che è piena di forza e che chiede di essere proseguita.

Se desiderate un vero compito cavalleresco, riprendete dentro di voi la storia dove è rima­sta incompiuta e portatela avanti ( a questo proposito, a seguire questa serie maschile/femminile vi porterò un altro libro, un pezzo per volta) : ogni uomo è Parsifal e il viaggio è il suo proprio viaggio.

Altri autori hanno ripreso la storia e cercato di portarla a termine. Possiamo affidarci a una di queste continuazioni e accompagnare Parsifal nella sua seconda visita al castello del Graal.

Il castello del Graal è sempre in fondo alla strada e dopo una svolta a sinistra.
Chiunque sia abbastanza umile e di buona volontà può trovare quel castello interiore.
Ven- t'anni di ricerca senza frutto hanno distrutto l'arroganza nel cuore di Parsifal e, adesso, egli è pronto per il suo ca­stello.

Appena in fondo alla strada svolta a sinistra e attraversa il ponte levatoio che si chiuderà dandoti appena il tempo di passare: è sempre pericoloso compiere la transizione di li­vello necessaria per entrare nel castello del Graal.

Parsifal trova la stessa processione della prima volta: una fanciulla porta la spada che trafisse il costato di Cristo, mentre un'altra fanciulla porta la patena dalla quale fu ser­vita l'Ultima Cena e un'altra fanciulla ancora porta il Graal.
Il Re Pescatore ferito geme sul suo giaciglio, esausto dalla sofferenza, tra la vita e la morte.

Ora, meraviglia delle meraviglie, con vent'anni di matu­rità ed esperienza alle spalle, Parsifal formula la domanda che costituisce il suo maggiore contributo all'umanità:

Chi serve il Graal?

Che strana domanda! Quasi incomprensibile alle orec­chie della nostra epoca.
Nella sua essenza, la domanda è la più profonda che si possa porre: dov'è il centro di gravità della personalità umana, oppure: dov'è il centro del senso di una vita umana? Se formulassimo oggi questa domanda in un linguaggio moderno, la maggior parte delle persone risponderebbe:Io sono il centro di gravità;
Io mi impegno a migliorare la mia vita;
Io lavoro per raggiungere i miei obiettivi;
Io aumento il mio senso di giustizia;
Io sto facen­do qualcosa di me stesso

oppure, risposta più comune di tutte:

Io cerco la felicità,

il che equivale a dire che voglio che il Graal serva me.

Chiediamo a questa grande cornuco­pia della natura, a questa grande effusione femminile di tut­ta la materia del mondo (l'aria, il mare, gli animali, il pe­trolio, le foreste e tutto ciò che il mondo produce), noi chiediamo che tutto questo serva noi.

Ma non appena la domanda è posta, la risposta arriva, riverberando attraver­so i saloni del castello del Graal: il Graal serve il Re del Graal.

Anche la risposta è enigmatica.

 Tradotta, significa che la vita serve quello che un cristiano chiamerebbe Dio, che Jung ha chiamato Sé e che noi definiamo con tut­ti i molteplici termini che abbiamo elaborato per indicare ciò che è più grande di noi.


E anche possibile usare un altro linguaggio, meno poetico ma forse più facile. C.G. Jung parla del processo vitale co­me della ricollocazione del centro di gravità della persona­lità dall'Io al Sé.

Vede in questo il lavoro esistenziale deb l'uomo e il centro del significato di ogni impresa umana.

Quando Parsifal capisce di non essere il centro dell'univer­so (e neppure del suo piccolo regno) è libero dall'alienazio­ne e il Graal non gli è più vietato.

Benché possa andare e venire dal castello del Graal per il resto della sua vita, d'ora in poi esso non gli sarà mai più estraneo.


Ancora più strabiliante, il Re Pescatore si alza, guarito, nella gioia e nell'esultanza.

 Il miracolo è avvenuto e la leg­genda della sua guarigione compiuta.

Nell'opera di Richard Wagner, Parsifal, il Re Pescatore ferito si alza a questo pun­to e canta una mirabile canzone di esultanza e possenza e forza: è il momento culminante della storia!

Ora, chi è il Re del Graal, che fino a questo momento non avevamo ancora sentito menzionare? E il vero re del regno e vive al centro del castello del Graal. Egli vive sol­tanto dell'Ostia e del Vino del Graal.
E' una figura appena camuffata di Dio, la rappresentazione terrena del Divino o, in termini junghiani, il Sé.

Certo, è avvilente sapere che veniamo a conoscenza di questo centro solamente quando siamo pronti e quando abbiamo compiuto il nostro dovere di formulare una domanda coerente.

Oggetto della vita non è la felicità, ma il servizio di Dio o del Graal.
Tutte le ricerche del Graal portano a servire Dio.
Se comprendiamo questo e abbandoniamo la convinzione idiota che il senso della vita stia nella felicità personale, allora troviamo questa qualità elusiva immediatamente a portata di mano.

Lo stesso motivo compare in un mito contemporaneo,II signore degli anelli, di Joan R. R. Tolkien: il potere deve es­sere tolto a coloro che lo sfrutterebbero. Nel mito del Graal, la fonte del potere viene conferita al rappresentante di Dio. Nel mito di Tolkien, l'anello del potere viene sot­tratto alle mani malvage che lo userebbero per distruggere il mondo e viene restituito alla terra dalla quale è venuto.
I miti antichi parlavano spesso della scoperta del potere e del suo affidamento a mani umane.
I miti moderni parlano del­la restituzione della fonte del potere alla terra o alle Mani di Dio prima che l'umanità se ne serva per distruggere se stessa.

Un dettaglio della storia merita un'osservazione speciale: Parsifal deve solo porre la domanda, non occorre che ri­sponda.
Quando ci sentiamo scoraggiati e convinti che non avremo mai la capacità di trovare la risposta a degli enigmi insolubili, ricordiamo che, benché sia dovere del­l'Io formulare una domanda precisa, all'Io non viene ri­chiesto di dare una risposta.
Domandare nel modo giusto corrisponde praticamente a rispondere.
La gioia esplode al castello del Graal. Il Graal viene espo­sto e fornisce il suo cibo a tutti, compreso il Re Pescatore che ora è guarito, e c'è perfetta gioia e pace e benessere.

Quale dilemma! Se chiedete al Graal di darvi la felicità, quella domanda preclude la felicità.

 Ma se servite il Graal e il Re del Graal in modo adeguato scoprite che ciò che ac­cade e la felicità sono la stessa cosa. Un gioco di parole di­venta la definizione dell'illuminazione


Un tema identico ma espresso in un linguaggio molto di­verso si trova nelle 'Dieci figure del pascolo del bove' del buddismo Zen.
Si tratta di una serie di dieci figure dipinte da un artista per illustrare i passi verso l'illuminazione. Nel­la prima figura, il giovane eroe cerca il bove, la propria na­tura interiore; nella seconda vede l'orma del bove; nella terza vede il bove. La serie prosegue fino alla nona figura, nella quale l'eroe ammansisce il bove, stabilisce con lui una relazione pacifica e siede tranquillo a contemplare la scena.

 La domanda sorge a questo punto: «Osserva i ruscel­li che scorrono, nessuno sa verso dove; e i fiori di rosso vi­vo: per chi sono?» L'autore, Mokusen Miyuki, riflette che queste parole possono essere letteralmente tradotte in: «Il ruscello scorre spontaneamente e il fiore è spontaneamente rosso».

 Il termine cinese spontaneamente, viene usato nel composto nel pensiero taoista.
 Può significare 'naturalezza', un'occorrenza della spontaneità creativa del­la natura all'interno e all'esterno. In altre parole,può essere psicologicamente inteso come la realtà vivente dell'autorealizzazione o come la pressione creativa del Sé che si manifesta nella natura.

La serie delle figure culmina nella decima, dove l'eroe, adesso perfettamente in pace, cammina senza essere nota­to per le strade del villaggio.
Non c'è nulla di straordinario in lui ora, a eccezione degli alberi che esplodono nella fio­ritura quando lui gli passa accanto.
Questo interrogativo sul significato del ruscello o del ros­so della rosa che proviene da una fonte tanto lontana da noi qual è il buddismo Zen accresce la nostra comprensio­ne di questa ricerca.

Un francese, lo storico e uomo politico Alexis de Toc­queville, andò in America più di un secolo fa e fece alcune osservazioni acute sullo stile di vita degli americani. Disse che c'è un'idea fuorviarne all'inizio della loro Costituzio­ne: la ricerca della felicità. Non si può cercare la felicità; se lo si fa, la si offusca. Se procediamo nel compito umano della vita, la ricollocazione del centro di gravità della per­sonalità in un qualche cosa di più grande che sta al di fuori di noi, la felicità sarà il risultato.

In quest'anno del Signore(1989, anno in cui l'autore di questi due libretti che vi ho propinato per 2 mesi, Robert A.Johnson, stesso anno in cui io abbandonato Milano per trasferirmi nel mio "eremo" nel bosco) stiamo appena iniziando a for­mulare la domanda del Graal: abbiamo il diritto di abbat­tere gli alberi, impoverire il suolo e uccidere tutti i pellica­ni? La risposta sta cominciando a farsi chiara; le prime, stentate sillabe della domanda si fanno udibili. Se ascoltia­mo questa antica storia di un Folle Innocente che entra stordito nel castello del Graal per la prima volta e si guada­gna la strada verso lo stesso castello per la seconda volta, troviamo alcuni saggi consigli su come procedere lungo la via di oggi.

Oggi, 22/02/2011, in questo momento (ore 16,30) i rubinetti del gas libico sono stati chiusi, il mondo seduto in poltrona guarda i video su un mondo che fino a stamattina appariva lontano ed eroticamente divertente e che ora, crollando ci porta dietro con lui...


Voi..asservite il Graal? io sì, il mio cuore è calmo

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