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mercoledì 17 novembre 2010

mito di Parsifal - 4

Parsifal

La storia, ora, lascia da parte il re Pescatore e la sua ferita per concentrarsi su un ragazzo talmente poco importante da non avere neppure un nome.
E’ nato nel Galles, che a quell’epoca era un paese ai margini del mondo conosciuto e attraversava un periodo di stagnazione culturale: il luogo apparentemente meno adatto per dare i natali ad un eroe, così come sembrava inadatto un altro luogo che vide la nascita di un altro Eroe.
Che cosa poteva offrire di buono Nazareth?
Chi avrebbe mai pensato che il Galles potesse produrre una risposta alla nostra sofferenza? Il mito c’informa che la nostra redenzione verrà dal luogo che ci sembra meno adatto. (...zoom...servono le aspettative?)
Questo ci ricorda una volta di più che la redenzione dalla ferita altamente sofisticata del re Pescatore, sarà un’esperienza di umiltà. (redimere=liberare, affinchè avvenga bisogna passare dallo spogliarsi di tutto ciò che non rende liberi..zoom sulla parola "compromesso" ).
La parola “umile” trova la sua origine nel latino Humus, cioè terrigno, femminile, non sofisticato. (Afrodite)
Come recita l’ingiunzione biblica: “ finchè non sarete come questi fanciulli, non entrerete nel regno dei cieli”.
Nel descrivere i vari tipi di personalità Jung afferma che ogni persona si fa guidare da una funzione superiore, delle 4 (pensiero, sentimento, sensazione, intuizione) che formano il temperamento umano.
Inoltre fa parte della psicologia che una funzione inferiore si opponga a quella superiore. (verticalità contro orizzontalità)
Se è vero che la nostra funzione superiore produce la maggior parte dei valori della nostra vita – le forze più evolute della personalità - è anche vero che essa segna la ferita del re Pescatore. La nostra funzione inferiore, la parte di noi che è meno differenziata, ci guarirà da quella ferita. (perchè può succedere questo? Qui s'instaura un concetto molto importante, che sarà bene tenere a mente: il re Pescatore, Parsifal, Afrodite e Psiche, lavoreranno insieme sul "necessario" in una persona armonica).
Così è il Folle innocente che viene dal Galles a guarire il re Pescatore.
Il ragazzo ha origini così misere che, la prima volta che lo incontriamo, non ne conosciamo neppure il nome. Più avanti sapremo che si chiama Parsifal, il Folle Innocente.
Il nome ha anche il significato più profondo di “colui che riunisce gli opposti” il che preannuncia il ruolo risanatore del ragazzo – è un significato simile a quello della parola cine tao.
Parsifal viene allevato dalla madre il cui nome significa tristezza del cuore. Il padre è morto ed il fanciullo non sa nulla di lui. Parsifal non ha né fratelli né sorelle.
Spesso, nei miti, l’eroe detentore non ha padre e cresce in condizioni umili e solitarie.
Parsifal viene allevato in modo primitivo, contadino, indossa abiti filati in casa, non va a scuola, non fa domande ed è assolutamente selvatico.
Nella prima adolescenza, mentre gioca fuori casa, vede avvicinarsi 5 cavalieri adorni della loro imponente attrezzatura: le gualdrappe rosso e oro. L’armatura, gli scudi, le lance e tutti gli equipaggiamenti della cavalleria.
Questo abbaglia a tal punto il povero Parsifal da indurlo a correre a casa e raccontare a sua madre di aver visto 5 dei.
La visione meravigliosa l’ha incendiato ed egli decide di partire immediatamente per unirsi ai 5 uimini straordinari.
La madre scoppia in lacrime vedendo che non c’è modo di dissuadere il figlio dal seguire le orme del padre, che era stato cavaliere ed aveva perso la vita in qualche folle impresa.
Proprio per questo la madre aveva cercato d’impedire a Parsifal di conoscere alcunché del suo lignaggio, ma mai nessuna madre è riuscita a proteggere il proprio figlio dal pericolo, quando il sangue del padre comincia ad agitarsi in lui.
Tristezza del Cuore – questo è il sentimento in un simile momento, di una madre – racconta allora a Parsifal che il padre è stato un cavaliere e che è stato ucciso nell’impresa di liberare una fanciulla.
Anche i suoi due fratelli erano cavalieri ed anch’essi sono stati uccisi ed è per questo che la madre aveva condotto Parsifal in un luogo remoto e lo aveva allevato nelle speranza di poterlo preservare da un simile destino.
La madre benedice Parsifal e lo libera dalla sua protezione. Non può fare a meno di dargli dei consigli quando lui parte: di rispettare le donzelle e di non fare troppe domande. Inoltre, gli fa dono di un unico abito che ella ha filato per lui. Questi sono i due lasciti che lei gli concede: sono i due doni che riverberanno per tutta la storia e che saranno strumentali a mote situazioni complesse che seguiranno.

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