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domenica 14 novembre 2010

mito di Parsifal - 3

Il  Folle Interiore

Tutte le notti, una solenne cerimonia ha luogo al Castello del Graal.
 Il re Pescatore giace nel suo letto di dolore (diversamente da quello di Psiche, non è un dolore da solitudine, anzi, è lui che vuole solitudine per immergersi nella ferita, vedremo più oltre prodotta da cosa)  e subisce la propria sofferenza mentre una processione di profonda bellezza si snoda.
Una fanciulla porta la lancia che trafisse il costato di Cristo al momento della crocifissione, un’altra fanciulla porta la patena (piatto liturgico) che resse il pane dell’Ultima Cena, un’altra fanciulla ancora porta il Graal, che risplende di una luce che viene dalle sue stesse profondità.
Ogni persona beve vino dal Graal e vede i propri desideri più profondi realizzati prima ancora che siano espressi: ogni persona, con l’eccezione del re Pescatore ferito, che non può bere dal Graal. (zoom)
Questa è certamente la deprivazione peggiore: essere esclusi dall’essenza della bellezza e della sacralità proprio quando queste qualità sono a portata di mano, rappresenta la più crudele di tutte le sofferenze.
Tutti vengono serviti tranne il re del Graal. Tutti sono coscienti del fatto che il loro stesso centro è deprivato perché il loro re non può condividere il Graal.
(la solitudine del Re è ben diversa da quella di Psiche: l’una prende coscienza della realtà, l’altro vorrebbe essere lui stesso artefice di bellezza)
Ricordo una volta in cui la bellezza mi fu negata proprio in questo modo. Molti anni fa, mi recavo a trovare i miei genitori per le vacanze di Natale e mi sentivo particolarmente solo e in lotta con il mondo. Durante il viaggio passai da San Francisco e mi fermai nella cattedrale che tanto amav dove, quella sera, era previsto un concerto di Handel, il Messia. Decisi così di rimanere per ascoltare quella voce ispiratrice, che non avrebbe trovato risonanza migliore che in quell’edificio immenso, con il suo organo di qualità superiore ed i suoi maestri cantori. A pochi minuti dal’inizio del concerto mi sentii tanto infelice da dovermene andare.  Fu allora che compresi che la ricerca della bellezza o della felicità era vana, dal momento che non potevo partecipare alla bellezza benché essa si trovasse alla mia immediata portata.
Non c’è dolore peggiore e più spaventoso del rendersi conto che la nostra possibilità di amore o bellezza o felicità è limitata. Non è possibile alcuno sforzo esterno se la nostra capacità interiore è menomata. Questa è la ferita del re Pescatore.
(essere un re Pescatore ferito, può durare tutta la vita. Tutti coloro che non gioiscono mai di nulla, chi vuole che il “fuori” cambi, è nella ferita)
Quante volte le donne/uomini hanno evidenziato ai loro compagni che la loro vita era ottima, sia nella famiglia che nel lavoro, che in ciò che avevano…ma nonostante tutto “perché non sei felice?”.
Il re Pescatore in noi è troppo inarticolato per rispondere “perché sono un re Pescatore e sono ferito e non riesco ad entrare in contatto con nessuna di queste cose felici”.
(tipica situazione adolescenziale…la riconoscete? Sana nell’adolescenza perché è lì che la ferita si evidenzia, totalmente insana dopo i 20 anni.
Ora sia uomini che donne “giocano”, non importa a cosa, l’importante è giocare ed alienarsi: questa è ferita.
Guardate quanta gente gioca su Facebook. La new age è la chiara espressione di ferita, la meditazione è ferita, il guru è ferita, il “devo prendermi il mio tempo” è ferita, il BAMBINO INTERIORE è ferita!!!!!!)

Un vero mito c’insegna anche la cura per il problema che esso illustra. Il mito del Graal denuncia in modo acuto e profondo la natura del disturbo dei nostri giorni e ne prescrive la cura in termini assai peculiari. Il giullare di corte – e ogni corte che si rispetti ospita un proprio giullare – aveva profetizzato molto tempo prima che il re Pescatore sarebbe guarito quando un Folle, totalmente innocente, fosse giunto a corte ed avesse posto una domanda specifica. (notare il “aver posto la domanda”)
E’ molto sorprendente, per noi, che sia un Folle a possedere la risposta per la nostra ferita più profonda, ma questa soluzione è ben nota alla tradizione. Molte leggende mettono la cura nelle mani di un Folle o di qualcuno che non sembra adatto a detenere il potere curativo.
Il mito ci dice che è la parte più ingenua dell’uomo quella che può risanarlo e curare la ferita del re Pescatore. Indica che, se un uomo deve guarire, deve trovare in sé un qualcosa che abbia più o meno la stessa età e più o meno la stessa mentalità che lui aveva all’epoca in cui la ferita fu inferta.
Ci dice anche perché il re Pescatore non può guarirsi da solo e perché, quando va a pesca (golf, scacchi, calcio, ecc..ecc..), il suo dolore, benché non si risani del tutto, tuttavia si lenisca.
Perché un uomo possa guarire completamente, deve lasciare che un qualche cosa di totalmente diverso da lui penetri nella sua coscienza e la trasformi. Non c’è guarigione fino a che si conserva la vecchia mentalità del re Pescatore. (ecco..zoom…mentalità, abitudini, “non far fatica”…l’innocenza porta l’entusiasmo e l’entusiasmo porta vita e bellezza)
Ecco perché un uomo/donna, se vuole guarire, deve lasciare che la sua parte giovane e folle entri nella sua vita.
C’è un uomo che, nel mio studio, mi abbaia dietro quando gli prescrivo qualche cosa che per lui è strano o difficile “chi crede che sia io, un pazzo?”, mi dice, e io rispondo “ beh, aiuterebbe”. Questa è una medicina avvilente da accettare.
L’uomo/donna ferito, deve accettare di guardare una parte adolescenziale di sé, per poter guarire dalla sua ferita adolescenziale.
Il Folle Interiore è il solo fattore che può mettersi in contatto con la ferita del re Pescatore.
(Nessuno da fuori può farlo)

2 commenti:

  1. Tornavo a casa, questa sera, attraversando il bosco, al buio: i fari accesi mi davano quel poco di luce per non uscire di strada. Silenzio, magia di questo percorso così poco milanese. Mi sento protetta, della mia paura non è rimasta traccia nel silenzio e nella solitudine del bosco..e pensare che il bosco da sempre sollecita mille attenzioni per non cadere nelle grinfie del “lupo cattivo”. Non solo non ho paura del buio, dei possibili incontri con animali selvaggi, della solitudine, ma cerco questa condizione con la gioia di chi torna a Casa. E’ sempre stato così, nella mia vita..ogni volta che ho lasciato entrare il mio Folle ci sono state delle virate… ma ora non è la mia porzione di ”Folle”emersa dalle acque afroditiche del mio oceano interiore, quella che di volta in volta mi spinge a cercare di deformare la realtà, di trasformarla, di abbellirla, di mettere i ghirigori spinta dalla mia indubbia creatività. Una cascata di energia mi apre gli occhi ad un mondo che procede capovolto, credendo di stare con i piedi per terra. Sarà questo il Folle risanatore? O è Psiche che si è risvegliata? Guarire…separare la illusione, il desiderio spasmodico che mai disseta, dalla realtà né buona né cattiva ma che semplicemente “è”. Guardo verso valle e nello spazio sconfinato sotto di me mi sento una con questa bellezza, senza fretta di rientrare. La fretta di porre fine ad un’estasi che non é dato di viverla fino in fondo..quella fretta lascio che si sciolga…I balsami esterni sono toppe che tengono in vita afrodisiache compulsioni, per nobili che siano…

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  2. Come si capisce il momento in cui la ferita ci è stata inferta? Si è in grado di capirlo da soli? Altrimenti, chi ci può aiutare a capirlo? Invidio il Re Pescatore, almeno lui sapeva dove si annidava il dolore e ciò che l'aveva provocato...conosceva anche la cura, peccato solo che la guarigione dipendesse dall'intervento altrui.

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